Premessa
Gratitudine verso questo particolare approccio alla Vita, che tanto mi accompagna, e verso tutti coloro che contribuiscono alla sua evoluzione, alla sua diffusione, alla co-costruzione di coscienza, conoscenza, esperienza e competenza.
Permacultura: che cos'è?
La Permacultura è un sistema di progettazione. La FINALITA’ di questo sistema è la creazione e gestione di paesaggi antropizzati che siano in grado di soddisfare i bisogni della popolazione quali cibo, salute, educazione, fibre ed energia, e al contempo presentino la resilienza, ricchezza e stabilità degli ecosistemi naturali. |
Fonti di ispirazione, studio, ricerca e sperimentazione sono anche le pratiche tradizionali e native, quando caratterizzate da elevata efficienza, resilienza e sostenibilità.
Il termine "permacultura" deriva dall'inglese permaculture, una contrazione sia di permanent agriculture sia di permanent culture dal momento che, secondo il coniatore del termine, Bill Mollison: "una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile ed un'etica dell'uso della terra".
La Permacultura, dunque, non si identifica con tecniche o tecnologie specifiche, né con specifici ambiti di applicazione, ma con un risultato atteso (peraltro dinamico, situato e fluido) per raggiungere il quale connette e integra quanto di meglio lo scibile e l’esperienza umana è di volta in volta in grado di offrire.
La Permacultura sbaraglia i confini disciplinari per connettere coscienze, scienze ed esperienze, e provvedere alla realizzazione di insediamenti antropici sempre più sostenibili.
- una sostanziale apertura ad ogni contributo possa assolvere la finalità e rispettare i Principi Etici e i Principi Progettuali (per una breve disamina di questi Principi, si veda “L’Essenza della Permacultura”);
- un assetto formativo istituzionale condiviso e rigoroso, che non esclude, ma anzi si vuole integrare, con il più ampio ambito dei “simpatizzanti” e “praticanti”;
- un costante scambio anche a livello internazionale e un nutrito dialogo scientifico;
- un intento sociale di sensibilizzazione e diffusione costante di informazioni gratuite; la generazione e facilitazione di spazi reali e virtuali di scambio e confronto che possono promuovere “dal basso” iniziative in grado di assolvere la finalità.
Con entusiasmo e precisione ne parlo perché in nessun altro ambito ho potuto trovare tanta ricchezza di competenze, tanto supporto e tanta creatività, tutte risorse che mi sono state preziosissime nella definizione del mio progetto e nella creazione della Fattoria in cui, con cui e grazie a cui vivo.
La Comunità della Permacultura
Molteplici le esperienze, le richieste di informazioni, i contributi scientifici condivisi, e soprattutto enorme la sensazione di avere a che fare con una “grande onda” che sta investendo lo scibile esistenziale e, in particolare, il settore agricolo.
Curiosi, simpatizzanti, apprendisti ed esperti; biologi, architetti, agronomi e contadini; ma anche economisti, sociologi, informatici….un vero movimento trasversale che coinvolge una molteplicità di persone, competenze, sensibilità e professionalità diverse, con background e attuali condizioni di vita anche (apparentemente) molto distanti.
Cos’hanno in comune tutte queste umane creature?
L’anelito a dar corpo ai tre capisaldi della Permacultura:
1) Cura della Terra
2) Cura delle Persone
3) Equa distribuzione.
Null’altro.
Ciascuna all’interno del proprio percorso di Vita, qualunque esso sia.
E questa, ragazzi, è davvero una meraviglia: non ci sono limiti né vincoli né condizioni per iniziare subito, adesso, a prendersi cura della Terra, delle Persone e dell’Equità.
Ma non è l’unica meraviglia della Comunità di Permacultura. La Biodiversità è senz’altro un altro aspetto centrale e potente di questa “grande onda”.
Biodiversità di competenze, profili professionali, genere, interessi specifici, abilità, motivazione stessa alla partecipazione, storia personale, eccetera.
Un tripudio di informazioni, idee, esperienze e conoscenze estremamente ricco, cui poter accedere a piene mani.
Dove altro poter trovare tutto questo?
Permacultura, Agricoltura e Agricultura
Ultimamente si ta facendo gran ricorso alla sostituzione del termine "coltura" con quello di "cultura".
Talvolta con cognizione di causa, talvolta meno.
Ma cosa significa esattamente?
Vediamolo insieme.
Agricoltura = pratica di produzione del cibo
Agricultura = insieme di scopi, idee, principi, valori, credenze, conoscenze e competenze relative alla “terra” e alla “produzione del cibo” che soggiace (consapevolmente o meno) alle pratiche di produzione del cibo.
Non esiste una sola Agricoltura (per far nascere e crescere bietole ci sono molti modi, come per crescere ogni cibo); non esiste una sola Agricultura (a seconda di scopi, idee, principi, valori, credenze, conoscenze e competenze, il contadino Pincopallino deciderà di fare le bietole in un modo o in un altro, e così per ogni altro cibo).
Tuttavia, ogni Agricultura genera una specifica Agricoltura; ogni Agricoltura è sorretta da una specifica Agricultura.
Ogni Agricoltura è esplicita e consapevole (se uso o no il diserbo, e quante volte lo faccio, è chiaro, evidente e consapevole; se aro o no la terra, e quante volte lo faccio, idem, eccetera).
Ogni Agricultura, invece, può essere più o meno consapevole (perché uso il diserbo, i concimi e le arature? Mi rendo conto delle conseguenze che queste hanno sulla fertilità del suolo? Mi rendo conto delle conseguenze che hanno sulle falde acquifere? Conosco strategie alternative da utilizzare? Fino a che punto queste pratiche mi servono? E proprio nella misura in cui le attuo? Quali sono le ragioni che mi spingono ad abusare di queste pratiche, e come potrei trovarne soluzioni alternative? Eccetera).
Non tutte le Agricolture e Agriculture sono “buone per il pianeta, per le sue creature e per il genere umano”: dove l’agricoltura produce cibi scadenti con enormi esternalità e costi ambientali (abuso e inquinamento diretto o indiretto di risorse primarie, consumo di energie non rinnovabili, disequità sociale, ecc.), siamo di fronte ad un’agricoltura da rivedere.
E quindi, ad un’AgriCultura da rivedere.
Nel così detto mondo occidentale, gli ultimi 50 anni sono stati dominati da un’Agricoltura nefasta, fondata su un’Agricultura meccanicistica, semplificata e inconsapevole alla maggior parte dei suoi attuatori, di cui solo negli ultimi anni ci stiamo rendendo conto.
1) La distruzione delle agricolture e agriculture tradizionali, anche efficaci, per mano della falcidazione bellica: durante la prima guerra mondiale, furono uccisi milioni di contadini in tutta europa, e con loro morirono competenze e pratiche che fino a quel momento avevano garantito cibo e autosufficienza alle comunità umane dell’epoca.
2) L’industrializzazione e l’urbanizzazione, che hanno richiesto enormi quantità di cibo a basso costo
3) La delocalizzazione, il land grabbing e il sistema dei trasporti
4) La necessità di riciclare le risorse belliche non utilizzate (sono diventate trattori cingolati e agrochimici)
5) La nascita dell’agroindustria, con l’emergenza di nuovi interessi economici e di potere che non hanno alcun interesse a promuovere agricolture e agricolture autosufficienti, bensì dipendenti da prodotti, siano essi concimi, agro farmaci, sementi, macchinari, brevetti, certificazioni, ecc.
6) La diffusione di scienze e credenze che concepiscono la Natura e le sue Creature degli “oggetti” da manipolare e sfruttare a proprio piacimento, senza alcuna preoccupazione circa le conseguenze nefaste che ciò può produrre, come la perdita di fertilità e di biodiversità, l’indebolimento delle specie coltivate e/o allevate, l’inquinamento delle risorse primarie quali aria, terra, acqua, ecc.
7) L’asservimento delle pratiche colturali alle “richieste di mercato”
8) L’addestramento delle persone ad aspettarsi di poter fruire di qualsiasi cibo, in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo.
In una parola: l’offuscamento di coscienza.
Riprendiamo la mitica frase di Bill Mollison, fondatore della Permacultura, tanto semplice quanto chiara: "una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile ed un'etica dell'uso della terra".
Bene. Cosa fà dunque chi si occupa di Permacultura? Si adopera per sviluppare e promuovere AgriCulture e AgriColture sostenibili nello spazio e nel tempo.
Queste AgriCoCulture saranno tanto più sostenibili nello spazio, quanto riusciranno ad essere situate e specifiche; ogni luogo è portatore di risorse e caratteristiche che possono esser conosciute e valorizzate, anziché meramente consumate.
Tra le risorse e le caratteristiche di un luogo ci sono anche le Creature (umani compresi) e le loro relazioni, le tecnologie e competenze, le tradizioni, gli assetti logistici, eccetera.
Queste AgriCoCulture saranno tanto più sostenibili nel tempo, quanto più riusciranno a prendersi cura di tutto quanto è necessario alla Vita (risorse primarie), affinchè permanga nel tempo, e ad adottare soluzioni (strategiche, tecnologiche, produttive, ecc.) che possano resistere agli imprevisti (climatici, relativi alle risorse energetiche, ai processi economici e sociali, eccetera).
Quali sono queste AgriCoCulture?
Tutte quelle che riescono a portare avanti la finalità: creazione e gestione di paesaggi antropizzati che siano in grado di soddisfare i bisogni della popolazione quali cibo, salute, educazione, fibre ed energia e al contempo presentino la resilienza, ricchezza e stabilità degli ecosistemi naturali.
Oggi siamo abituati a ragionare per bollini…sarà l’agricoltura biologica? Sarà l’agricoltura biodinamica? Sarà….? La risposta è: dipende.
In ogni luogo del mondo esistono migliaia di persone, di realtà e di insediamenti umani che hanno e coltivano queste caratteristiche, e non sono riconosciute da nessun bollino.
Anzi, a volte sono mortificate e ostacolate perché in qualche modo confliggono con interessi economici e politici altri.
Daltr’onde, in ogni luogo del mondo esistono realtà bollinate che non hanno queste caratteristiche.
Oggi si parla di Green Economy, e la parola “sostenibilità” è stata ampliamente inflazionata.
La Permacultura cerca di diffondere pensiero e pratica consapevoli anche su questo, facendoci riflettere su concetti quali “zaino ecologico”, “impatto ambientale”, “costi biologici”, “esternalità”, “efficienza interna”, “equità”, eccetera.
La Permacultura non vuole proporre slogan, prodotti e servizi al mero scopo di vendere e far girare l’economia.
La Permacultura propone coscienza e conoscenza, confronto, approfondimento, esperienza, responsabilità.
Tutti coloro che se ne occupano sono coinvolti in questo processo.
Così, ad esempio: “Tutti coloro che se ne occupano non si chiedono tanto ‘cosa può fare la Permacultura per me’, che è molto, ma anche e soprattutto ‘cosa posso fare io per la Permacultura’ (e per il raggiungimento della sua finalità” (Francesco Quondam, biologo, contadino, docente progettista in Permacultura.).
Riflessioni a latere: la Terra, i Contadini e la Scienza
Nel tempo, hanno perso contatto con i settori di studio e ricerca della biologia e dell’ecologia.
E hanno perso contatto con i campi non assoggettati alle mere leggi di studio.
Hanno trascurato ricerche estremamente interessanti afferenti all’antropologia, l’etnobotanica, l’etnoagricoltura.
Le scienze agronomiche oggi sono in crisi, non sanno più cosa fare, e con l’avvento recente dei così detti “contadini colti”, capita che si sentano surclassate ed entrino in una circuitazione di competizione anziché collaborazione con le dinamiche e le esperienze empiriche.
La Terra è sensi, intuizioni, vita, complessità, abbondanza, sorpresa, miracolo. La Scienza è semplificazione, sistematicità, laboratorio, calcoli.
Con buona pace e ennesimo smacco di chi, con sacrificio e dedizione, quelle stesse pratiche ora oggetto di brevetto, porta avanti da anni, secoli, millenni, sfidando quotidianamente le pressioni di mercato, i condizionamenti culturali, e tutte le altre difficoltà legate ad un agire in “direzione ostinata e contraria” rispetto al sistema macroeconomico impostato dalla rivoluzione verde.
Anziché onorare i campi e le pratiche empiriche cui può ispirarsi, per sostenerne un sempre più efficace ed efficiente agire, ecco che la scienza si appropria di termini, dettagli, intuizioni, esperienze, per arrogarsene il merito di invenzione (dopo accurata deformazione) falso tanto più quanto più è profonda la sostanziale incapacità di molti di questi sedicenti scienziati a far crescere una qualsiasi creatura animale o vegetale in un luogo che non sia adeguatamente “operazionalizzato e operazionalizzabile”. Un luogo naturale, insomma.
Cosa può fare oggi, la scienza, per l’agriCoCultura?
Da un punto di vista permaculturale, la scienza può approfondire e valorizzare le esperienze empiriche che maggiormente stanno contribuendo al raggiungimento della finalità (creazione e gestione di paesaggi antropizzati che siano in grado di soddisfare i bisogni della popolazione quali cibo, salute, educazione, fibre ed energia e al contempo presentino la resilienza, ricchezza e stabilità degli ecosistemi naturali), contribuendo così alla crescita di conoscienza e consapevolezza dei loro praticanti, e all’individuazione delle variabili rilevanti e delle loro molteplici connessioni allo scopo di rendere tali esperienze empiriche (o loro parti) oltre chè ancora più efficaci ed efficienti, se ne avessero bisogno, anche condivisibili, riproducibili, adattabili.
La scienza può anche farsi carico di ambiti di studio e intervento fino ad oggi trascurati, come ad esempio le aree marginali e difficili, sia dal pdv ambientale che economico sociale; le strategie per fare a meno di input esterni, anziché per individuare gli input esterni più adeguati o inventarne di nuovi; l’approfondimento dei processi naturali che possono sostituire, integralmente o parzialmente, azioni meccaniche e/o agrochimiche, eccetera eccetera.
Questo richiede ai ricercatori e agli scienziati, di dedicare più tempo all’esplorazione dei contesti reali ed empirici oggi in atto. Quelli divergenti, soprattutto.
Sono i contesti reali ed empirici oggi in atto le fonti più importanti di scoperta, spunto, suggerimento e intervento. Non per scopiazzarli e malamente rimaneggiarli, né per sfruttarli quali “consumatori” di questo o quel prodotto, questo o quel brevetto, ma per riconoscerne la profonda valenza esperienziale e sostenerli, o aiutarli a cogliere limiti e nuove opportunità.
Se la scienza si lascerà sfuggire tale opportunità, ahimè perderà gran parte della sua potenza e della sua credibilità.
Conclusioni
Chi tra i permacultori è ricercatore e scienziato, docente e progettista, sta portando avanti proprio questo intento.
Intanto, sempre più contadini stanno scoprendo l’enorme mole di esperienze e conoscenze condivise e condivisibili che esistono in questa comunità.
Sempre più persone comuni e professionisti stanno dando il loro contributo.
Mi auguro che questa “grande onda” possa crescere, portare la sua fertilità e pervadere le coscienze di sempre più esseri umani, ovunque, e sostenere la generazione di sempre più creative soluzioni ai gravi problemi di fronte a cui si stiamo trovando.
Il mio contributo e quello di chi vive con me sarà piccolo, e determinato: sussistere in un contesto agricolo marginale e difficile, far cibo sano e buono (per coloro che se ne nutrono e per tutte le creature che vi sono coinvolte), contribuire alla Comunità della Permacultura con tutte le risorse a mia disposizione, continuare a confrontarmi, interrogarmi, riflettere, fare, scrivere.
“Il Futuro del Cibo”, http://agricolalemacchie.weebly.com/blog/il-futuro-del-cibo
“Cibo d’Incolto”, http://agricolalemacchie.weebly.com/blog/cibo-dincolto
“Non solo asparagi”, http://agricolalemacchie.weebly.com/blog/non-solo-asparagi