Tra Scopi dell'Agricoltura e Futuri Possibili per tutti noi
1) riflessione sui costi indiretti e sui risultati discutibili, non tanto in termini di quantità, quanto di qualità, dei cibi e delle pratiche di produzione/commercializzazione degli stessi
2) diffusione di pratiche e sistemi di produzione e auto-produzione del cibo a basso impatto ambientale ed elevata qualità
3) cambiamenti climatici, crisi economiche varie, crisi internazionali che hanno compromesso gli equilibri import/export
4) crescenti fenomeni di frode su larga scala
5) desertificazione e perdita di fertilità di masse sempre più consistenti di suolo, sia a livello planetario che italiano
6) landgrabbing
7) diffusione di nuovi punti di vista e nuovi movimenti culturali: decrescita, agricoltura naturale, permacultura, Long Term Economy, Transition Town, eccetera.
8) Impoverimento e inquinamento progressivo delle risorse primarie (aria, terra, acqua).
Tutto questo ci spinge a ripensare radicalmente i nostri sistemi di approvvigionamento del cibo.
Non dobbiamo aspettarci nulla da Istituzioni e Sovra-organismi gestionali: la riflessione e l’azione nascono dentro ciascuno di noi, e da lì partono, agiscono e si diffondono.
Prendo spunto da alcune domande che mi sono state poste negli ultimi tempi, per condividere con Voi alcune riflessioni.
“Mi piacerebbe visitare un'azienda che coltiva con permacoltura e genera un reddito significativo o comunque produce in maniera professionale. Dai post che leggo vedo molti hobbisti e cultori del tema, ma pochissimi commenti e note professionali. Non dimentichiamo che lo scopo dell'Agricoltura è produrre cibo sufficiente per l'umanità.”
“Nello specifico cosa intendi con "medicine sintomatiche".... Solo prodotti chimici ? O qualunque tipo di fertilizzanti e antiparassitari inclusi i biodinamici.... e ancora.... Dici giustamente che è la natura a decidere ciò che dona.... niente in contrario ..... almeno finchè si parla di periodi,stagionalità e qualità....ma non sulla quantità....la questione della maggiore produttività almeno nel mio caso non è legata al denaro,ma alla domanda e se non ci fosse abbastanza per tutti ? Non voglio denigrare nessun sistema di produzione ecologico ne tanto meno sono a favore dell'agroindustria,ma certe domande bisogna porsele.Ciò che la natura dona potrebbe non bastare.”
Agricoltura UGUALE a un insieme di teorie e pratiche volte alla produzione di cibo.
Esistono oggi, e sono esistite nella storia dell’Umanità, tante teorie e tante pratiche agricole, tutte volte alla produzione del cibo.
Ma non tutte ugualmente efficaci, efficienti, sostenibili sul lungo periodo.
Quando tali teorie e pratiche hanno come output cibo buono e pratiche agricole sostenibili (non inquinanti, non esaurenti le risorse primarie cioè acqua, terra fertile, aria), allora agricoltura è ok, cioè in grado di sostenere la salute degli esseri che se ne nutrono e del Pianeta. Di presidiare un equilibrio situato relativamente autonomo e resiliente.
Ma quando tali teorie e pratiche producono un’Agricoltura = produzione di cibo scadente e inquinato, con progressivo impoverimento della fertilità del suolo, progressivo esaurimento e inquinamento delle falde acquifere, progressivo accumulo di inquinanti nel suolo, progressiva disgregazione sociale e culturale, sfruttamento e sconvolgimento di equilibri in altri Paesi, con conseguenti crisi civili e belliche e depauperamento culturale, progressivo inquinamento dell’aria, progressivo sconvolgimento della biodiversità e iniquità delle ricadute economiche….bhè, allora è evidente che il sistema non può reggere.
Non ci vuole molto per comprenderlo, non credete?
Il punto è che siam tutti cresciuti a guazzetto in quest’ultimo modello di agricoltura; è stato lui a nutrirci fin’ora, ed è assai dura osservarlo così lucidamente e criticamente.
Erano gli inizi del ‘900 quando scoppiò la così detta “rivoluzione verde”: agrochimica, meccanizzazione e industria alimentare fecero il loro ingresso nei campi e nelle case di ogni famiglia.
Ad essa si son legati una molteplicità di pratiche, abitudini, stili di consumo e dieta talmente complessi, in un secolo, che ora rimetterli in discussione è un po’ dura, lo riconosco.
Ma è necessario. Per il bene di tutti. E tutto.
Le nostre banane e i nostri Mojhiti col lime e la gazzosa provengono da questo modello.
Ma lo sapete che il Mojhito viene benissimo anche col miele (dell’apicultore più vicino e di fiducia, o se proprio proprio, utilizzate magari lo zucchero di canna integrale del commercio equo! ;), il limone di Sicilia, la menta che ci possiam fare alla finestra e l’acqua gassata? Provare per credere. I cubani sono i primi a non utilizzare la gassosa! ;-)
Da questo modello provengono anche le Gojii, l’Ume-su, la Nutella, le tisane etniche (quando abbiamo fior fiore di erbe nostrali saporite e benefiche…la melissa, la menta, la salvia, il timo, l’assenzio, la calendula, la camomilla, la lavanda, la malva, la rosa canina, la cedrina, la nepitella, l’alloro, i germogli di rovo e mirto, le bacche di ginepro, il peperoncino…), le patatine fritte, il cibo spazzatura, la Philadelphia che è tanto magra e non fa ingrassare, come la Jocca…vi ricordate la moda della Jocca? E della Manzotin con tante verdurine tagliate sottili sottili????
Insomma, un delirio.
Indotto, ovviamente.
A nessuno di noi serve così tanto, né così scadente, né così caro, per soddisfare palato e salute.
Ma ai nuovi imprenditori, eccome se serviva, tanta rivoluzione! Dovevan vendere carri armati, e ne han fatto trattori; dovevan vendere prodotti chimici, e ne han fatto diserbi, insetticidi e concimi; dovevan vendere, a prescindere, e ne han fatto prodotti.
A tutto questo gran produrre e vendere serve mano d’opera: eccoli, i contadini. D’Italia prima, del Terzo Mondo poi, che costan meno, come la terra.
E allora corri a persuaderli del gran vantaggio di usare questo o quel prodotto per duplicare, triplicare il raccolto, e poi indebitarsi per comprare macchinari sempre più potenti, e abbandonare la primordiale autosufficienza rurale, che non serve e complica la vita, tanto quello che ti abbisogna, ora lo trovi nei supermercati: molla tutto e specializzati in una sola coltura, e cultura, vedrai che ti troverai bene.
Chissà perché, mi vengono in mente il Gatto e la Volpe di Pinocchio.
All’inizio tutto questo permise un gran boom economico di tutti, ma durò poco.
Anime illuminate come Stainer, Fukuoka, Hazelip e altri, già vedevano quanto di pericoloso si nascondeva in tale addensazione di “progresso”, ma in pochi li ascoltarono. Ed oggi sono sotto gli occhi di tutti i disastri compiuti.
Lo scopo dell’Agricoltura è dunque, secondo me, produrre cibo, certo, ma in modo prima di tutto che non comprometta la vivificità dei luoghi e delle risorse primarie.
“Per l’Umanità”? No, per sé stessi, la propria famiglia, e un po’ del proprio dintorno, in misura congrua con le potenzialità degli ecosistemi e l’abilità dei conduttori. Non assolutamente per tutti e a tutti i costi, altrimenti ci giochiamo la sopravvivenza dei figli.
Le pratiche di orticultura urbana diffusa e autoproduzione del cibo si stanno diffondendo, accompagnando professioni e stili di vita assai diversi, e allentando la morsa di richiesta produttiva sulla Terra, in gioia, entusiasmo, convivialità e gusto.
Il Pianeta non è tenuto, per legge di Natura, a nutrire l’ingordigia di tutti. Possiam provarci, ma andremo incontro a probabili e progressive catastrofi; è tenuto, invece, a nutrire quanti ne sanno leggere le necessità e andarvi incontro.
Personalmente, non temo carestie planetarie, che a verdure, anche selvatiche, qualche uovo, un po’ di frutta fresca e secca, un po’ di cereali e legumi, si vive in salute molto di più che a brioche, cappuccini, pastasciutte, grandi arrosti, tramezzini, bibite varie e compagnia bella. E con un paese ricco di biodiversità come l’Italia, se non lo cementificheremo tutto, c’è margine di questo per tutti.
So, invece, che molte delle nostre abitudini culinarie, di consumo e mangerecce dovrebbero cambiare. Mangiare meno e meglio. Ridurre gli sprechi, a tutti i livelli, dalla produzione al confezionamento alla cucina di casa. L’Italia è uno dei paesi occidentali in cui si evidenziano combinati obesità e carenze alimentari: come dire, mangiamo un sacco, ma di qualità così scadente che poi ci mancano le vitamine e i sali minerali, ci si otturano le vene, ci si riempie il sangue di zuccheri o grassi, eccetera eccetera.
Il nostro corpo, generato da millenni di evoluzione per sostenere un movimento quotidiano e continuo all’aria aperta, è negli ultimi 80anni segregato in spazi angusti e artificiali, che iniziano negli ospedali dove nasciamo e proseguono negli appartamenti, lungo le strade affogate dal traffico motorizzato, a scuola, al lavoro. Anche in palestra, a respirare aria flaccida essudata da un’innaturale densità, senza sole, senza vento, senza pioggia, senza erba, senza cielo.
Ovviamente l’agroindustria ci sta già foraggiando da anni con i suoi integratori di laboratorio e i suoi “probiotici”…bhè, a parer mio, sta solo lucrando sulla nostra ignoranza.
Qui di seguito un passaggio contenuto nel complesso testo di J. Diamond, “Collasso”, che descrive, tra le 12 criticità da lui individuate per la sopravvivenza del nostro Mondo così come lo conosciamo, proprio i circoli viziosi che si generano tra pressione sulle Risorse Primarie e loro progressivo esaurimento.
Nel Presente, verso quale Futuro
Seminate rucola e prezzemolo in un vaso, piantate agli ai piedi delle vostre rose.
Predisponete uno spazio in cucina per riutilizzare gli scottex e i tovaglioli di carta più volte prima di farne spazzatura.
Non usate più tanti detersivi, che per pulire tutta casa e pure la biancheria, può bastare una saponetta di Marsiglia.
Guardate il soffitto dei vostri uffici con la consapevolezza di chi sa che è solo un artificio, frutto di un periodo buio della storia, di un travisamento, di un eccesso.
Con la consapevolezza di chi sa che il mondo vero è fuori, tra le nuvole e le “bombe d’acqua”, nel sole, pure attraverso il buco nell’ozono, come nell’andare e venire delle onde del mare, nelle frane, nei prati profumati, nelle Daniza che hanno la sfortuna di incontrare Umani ignoranti (che ignorano la complessità degli ecosistemi e si avventurano nei boschi come nei supermercati, immaginando che il mondo debba essere lì per loro come 4 salti in padella), e nella speranza di non essere noi, quegli ignoranti.
Con la consapevolezza dei giorni appena più brevi, del clima che cambia, della Vita che prosegue (se la facciam proseguire), della Vita e delle Morte che sono solo idee, forme mappate dal nostro dolore, che in ogni istante qualcosa muore e qualcosa vive, e tutto ciò che resta non è che “permanente impermanenza”.
Con la consapevolezza che anche la tecnologia e i miraggi di progresso sono mappe, e non territori: sono il guizzo di ciò che tenta, ma non necessariamente risolve, e soprattutto il guizzo che poi si mette alla mercè dei nostri livelli di coscienza ed equilibri di potere.
Con la consapevolezza che, in fondo, siam davvero fortunati a esser nati qui e non a Gaza, o in Ucraina, o in Iraq, e possiamo giocarci ben meglio tanto privilegio.
Con la consapevolezza che mai come oggi abbiamo voglia e bisogno di imparare qualcosa di più sulla nostra Natura più profonda, e che i Popoli Nativi possono in questo ispirarci, insegnarci, stupirci. Che loro non si son mai lamentati di Orsi e Lupi e Vipere e Leoni. Hanno imparato a conviverci.
Il cibo non si può magicamente creare sulla base presunta indiscutibile della nostra necessità: per quanto un lupo abbia fame, se non c’è un ecosistema in grado di sostenere lepri e ungulati, il cibo non c’è. La Natura lo sa. Il Lupo si sposta. Talvolta, muore. Ma non avvelena l’acqua e la terra e l’aria dei suoi figli e del suo futuro cibo per la propria individuale sopravvivenza. Noi, da un secolo, stiamo invece facendo questo. Per questo dobbiamo anche essere noi a rimettere in discussione le nostre necessità, le nostre smànie di grandezza e abbondanza, di “tutto e subito sempre a disposizione come sugli scaffali del supermercato”, il nostro modello di progresso che da troppo tempo ha ricalcato quello industriale pur dipendendo, al contrario, da quello Naturale.
Per questo ritengo che la prima missione dell’Agricoltura non sia “nutrire l’Umanità” tout-court, ma produrre cibo buono, sano, e preservare la fertilità della Terra e le Risorse Primarie.
Quelle che seguono sono alcune immagini del viaggio che stiamo portando avanti, foto scattate in questi giorni. Tali immagini vogliono dare un’idea della potenziale abbondanza possibile anche seguendo pratiche non convenzionali, prive di agrofarmaci, fertilizzanti e interventi curativi sintomatici. Gli unici interventi sono quelli definibili “ecosistemici”, e riguardano il monitoraggio delle pacciamature e delle irrigazioni, il non disturbo dell’organismo suolo, il monitoraggio della biodiversità spontanea, delle inclinazioni stagionali, eccetera.
Se tutto questo significa produrre meno cibo, ma migliore e con maggiori garanzie di continuità, bhè, ci dovremo organizzare a mangiare un po’ meno e meglio, o semplicemente in maniera diversa, che in una civiltà col 35% di obesi e il 60% di disfunzioni alimentari non da quantità ma da qualità, per me non è che un toccasana.
Detto ciò, risulta ugualmente dimostrato che sistemi agricoli non convenzionali possano aspirare a quantità di produzioni analoghe a quelli convenzionali (le foto sopra spero ve lo abbiano suggerito!); sono tuttavia più rari perché ancora mancano le esperienze sedimentate e quel corpus infrastrutturale utile a sostenere iniziative del genere, che sostanzialmente sono abbandonate a sé stesse e per di più ostacolate da un sistema normativo, culturale contributivo e di tassazione disegnato per altri tipi di contesti.
Anche qui adesso produciamo olio, ortaggi, miele, frutta e legna dove da 50 anni non si produceva più nulla. Pago le tasse, contribuisco a mantenere ragionieri e agronomi, impiegati di camera di commercio e consorzi di bonifica, pago le pensioni a non so bene chi con i miei contributi INPS, verso l’iva, contribuisco addirittura a pagare gli stipendi a chi lavora per i controlli del biologico, eccetera eccetera. Col cuore Vi dico che davvero credo che questo pezzo di terra tra i colli, d’argilla e sassi, nel bosco, dìa da mangiare a fin troppe persone! E senza nessuna delle controindicazioni di un qualsiasi contesto agricolo convenzionale (senza cioè impregnare né terra né aria né acqua di concimi, erbicidi, insetticidi, agrofarmaci, metalli pesanti, energia fossile, eccetera eccetera)!
I nuovi movimenti nascenti possono offrire un valido strumento di ispirazione, confronto, esperienza e approfondimento. La Permacultura, ad esempio, troppo spesso confusa con specifiche tecniche o pratiche, costituisce invece un vero e proprio sistema progettuale di ecosistemi permanenti, un metamodello sufficientemente esaustivo e rigoroso da poter essere una fonte preziosa di supporto in questa fase di grande cambiamenti. La sua comunità è composta da agronomi, contadini, ortisti, ricercatori, biologi, ingegneri, architetti, urbanisti, insegnanti, medici….e raccoglie una rete di competenze ed esperienze multiformi davvero impressionante, tra cui quelle afferenti l’Agricoltura Sinergica, i movimenti delle Transition Town, la Long Term Economy, i movimenti della Decrescita e l’Agricoltura Rigenerativa.
Ma certo, l’inizio è qui, dentro di noi, e qualsiasi risorsa, tangibile o intangibile, rischia di finir sprecata se la nostra coscienza non è pronta e la nostra motivazione non è ben radicata.
LA RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE NELLA GENESI DEL PRESENTE/FUTURO CHE VOGLIAMO
1) acquisire in prima persona uno stile di vita sempre più coerente con i propri desideri; se i propri desideri sono no discariche né inceneritori, termovalorizzatori e simili, il primo passo da compiere è ridurre drasticamente i propri rifiuti. Se i propri desideri sono più spazi verdi e puliti, il primo passo da compiere è prendersene cura, nutrirli, pulirli, esplorarli, supportare chi se ne prende cura. Se i propri desideri sono più salute e aria più pulita, il primo passo da compiere è usare di più le gambe, i mezzi pubblici e la bicicletta, e non acquistare prodotti che hanno percorso centinaia e centinaia di Km per arrivare fino a noi, o il cui impatto ambientale di produzione è alto, oppure il loro costo di smaltimento. Se i propri desideri sono poter vivere senza rincorrere il denaro, il primo passo è imparare ad autoprodursi il maggior numero di cose, mettere in discussione tutte le fonti di spesa, creare e nutrire una rete di scambio e reciprocità con quanti sono impegnati nello stesso percorso.
E via via, la lista potrebbe continuare. Finchè ci sarà scollamento tra i nostri desideri e bisogni e il nostro agire quotidiano, il mondo non farà che riflettere questo scollamento.
Ogni volta che spendiamo denaro, entriamo in un seggio elettorale e votiamo il mondo che vogliamo.
Le scelte di consumo orientano le realtà produttive, ed anche per questo molte aziende si stanno certificando come “eque”, “ecologiche”, e via discorrendo.
Il nostro denaro è energia pura che circola, e raggiunge chi desideriamo.
Per questo, qui alle Macchie, abbiamo scelto di reperire tutto quanto ci necessita attraverso circuiti locali, preferibilmente non industriali e coinvolti nello stesso nostro viaggio, e direttamente dai produttori. Tra quello che produciamo e quello che reperiamo così, siamo arrivati al 90% di tutti i nostri consumi, energia compresa.
I nostri soldi non finiscono nell’agroindustria né in alcun altro sistema di cui non condividiamo l’operato. E viviamo benissimo! ;-)
Siamo così consapevoli che se nutriamo qualcuno, nutriamo quella parte della nostra comunità che ci sembra meritevole di incoraggiamento xchè fà cose buone, inquina meno o non inquina per nulla, segue logiche anche economiche condivisibili, eccetera.
"TUTTI VOGLIONO TORNARE ALLA TERRA, MA NESSUNO VUOLE ANDARCI A PIEDI" (A. J. Wollensky.
E' una citazione che ben si adatta all'impegno che richiede il riavvicinarsi ad una Vita Naturale. E che non tutti, al di là delle parole, sono pronti a compiere. Alcuni anche solo per ignoranza, come l'Umano che ha incontrato Daniza. Voleva sì, riconnettersi alla Natura, ma non la conosceva abbastanza da sapere quali creature la abitano oltre ai suoi agognati funghi. Nè ha inteso riconoscer-le il diritto di esistere, come se tutto quanto sgradito debba semplicemente sparire. Eppure, siam tutti lì a sventolare ai 4 venti il nostro sostegno alla Biodiversità...ma di quale biodiversità parliamo? Di quella fatta di fiori da balcone, piante mangerecce e animali da compagnia? Dobbiamo applicarci un poco di più. Dobbiamo imparare, conoscere, interagire un poco di più, con umiltà. Soprattutto se veniamo dalle città.
Fine Settimana nelle Macchie
Da quando abbiamo adibito due camere all’ospitalità agrituristica, abbiamo potuto condividere più continuativamente l’esperienza tangibile del nostro modo di fare agricoltura, cultura, cibo, socialità, competenza.
Le Escursioni Guidate negli Ecosistemi delle Macchie (coltivati e non) e nel Bosco danno l'opportunità alle persone di conoscere approfonditamente le piante e gli animali che li abitano, riconoscendone le tracce e i rumori.
I Laboratori pratici sono finalizzati a condividere competenze e abilità operative reali, saper fare specifici nei diversi ambiti di nostra competenza.
Gli Eventi invitano spesso esperti esterni, per mantener vivo lo scambio e la proliferazione delle conoscenze e delle pratiche.
Il Parco Rurale delle Macchie è spazio ampio su cui si concentrano molte delle nostre attività.
Gli ospiti arrivano sorpresi dopo aver attraversato i 2 Km di strada sterrata tra i boschi; una delle prime cose che li colpisce ed apprezzano subito è il silenzio, o meglio i suoni di certa natura: le fronde degli alberi che si muovono al vento, il grido di una poiana, i passi dei cavalli intorno, un miagolìo, il chiocciare delle galline, le nostre voci. Sorpresi talvolta dalla selvatichezza dei paesaggi intorno, apprezzano di non essere coinvolti in una vacanza edulcorata, ma in uno spazio di Creature e Attività, di vita vera.
Non siamo più abituati ai suoni naturali, agli odori, alle forme spontanee della Natura.
Poi i paesaggi e la grande abbondanza di biodiversità.
Con le escursioni, Alberto li guida a conoscere i boschi, le radure, e a distinguere le tracce umane e quelle dei selvatici. I punti panoramici sono occasione di distensione per gli occhi ma anche di riflessione sui paesaggi antropomorfizzati che ci siamo costruiti: ci servono davvero? E quanto? Sono a nostra misura? Come possiamo immaginarli diversi?
O anche, semplicemente, un rifugio tra i boschi, una tappa per escursioni a piedi, a cavallo o in mountainbike, un fine settimana distensivo.
Questo ci permette da un lato di realizzare costi accessibili, e dall’altro di offrire una molteplicità di esperienze a basso impatto ambientale, di perpetuare, rinnovare e condividere conoscenze antiche e nuove scoperte, che ciascuno può utilizzare una volta rientrato nella propria casa, di vivere in semplicità e di continuare a imparare.
Anche così, vi aspettiamo.
Un abbraccio grande,
Primiana e Alberto
Agricola Le Macchie
Castellina Marittima (PI)
www.agricolalemacchie.weebly.com
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