Briciole di Cibo tra Terra e Cielo
Con il Cibo ci siam sempre co-evoluti a braccetto, in una danza più complessa di quanto a prima vista si potrebbe immaginare.
Una danza che ha trasformato i nostri gusti e le nostre capacità di reperimento, produzione e trattamento del cibo, fino alle nostre stesse abilità organiche di fare, riconoscere, digerire.
Ed anche, una danza che ha trasformato il Cibo senza posa, sia teoricamente (concependo il Cibo come espressione ora gastronomica, ora scientifica, ora di vettore di nutrienti, ora culturale, ora etica, ora economica, eccetera) che fisicamente, attraverso la manipolazione agricola, domestica, industriale.
Ma non solo: la danza magica del Cibo ha determinato profondi mutamenti nell’ambiente e nel paesaggio, e questi nell’assetto delle nostre comunità e tradizioni.
Economie e Società ruotano intorno alle evoluzioni della Danza del Cibo, condizionandone ritmi e figure.
Ma procediamo con calma.
Che cos'è il cibo?
Un uovo fresco bevuto crudo, un pomodoro mangiato appena raccolto e un bicchiere di una qualche bibita gassata in commercio certo hanno rapporti assai diversi con le proprie origini “vive”.
Così, un Cibo può essere più o meno vivo, più o meno trasformato, più o meno manipolato.
E la Vita stessa da cui proviene, profondamente diversa.
Oggi i Cibi vengono letteralmente de-strutturati e ri-costruiti in laboratori che prendono il nome di “industrie alimentari”.
Da dove salta fuori il Cibo?
Alle origini, il Cibo veniva raccolto e cacciato, una parte di questo veniva consumata così come si presentava, e una parte trasformata/conservata in un qualche modo (per lo più sotterrata, affumicata, salata, essiccata, cucinata, fermentata)
Ogni modalità di raccolta, caccia, trasformazione e conservazione era frutto di una combinazione di fattori genetici, ambientali e culturali in continua interazione reciproca.
Poi, nacquero l’agricoltura e l’allevamento: gli Esseri Umani si co-evolvono in maniera più stretta e specifica con alcune Creature dei regni Vegetale e Animale. Non si limitano più a interagire con queste Creature raccogliendo e cacciando, ma cercano di farle nascere e riprodurre lì dove vogliono, nelle quantità che definiscono insieme al sistema con cui interagiscono.
Chiedono, chiedono. Osservano, fanno tentativi. Cercano di capire di cosa può aver bisogno il sistema per rispondergli come desiderano.
Non abbiamo il primato, in questo. Le formiche allevano allo stesso modo afidi e mezzo grano di pepe, per suggerne le dolci deiezioni, come noi mungiamo gli animali da latte.
E’ come se a un certo punto, e progressivamente, avessimo stretto un Patto con queste Creature, un Patto Antico di reciprocità, all’interno del quale esistevano vantaggi reciproci.
Così, la “domesticazione”.
Così, l’agricoltura e l’allevamento.
Da raccoglitori e cacciatori, gli Esseri Umani diventano anche coltivatori e allevatori, cioè produttori di Cibo.
Ma non esiste un solo tipo di coltivazione, cioè di agricoltura, né un solo tipo di allevamento.
Nella storia si sono succeduti tantissimi modi diversi di coltivare e allevare bestiame, e altrettanti ne esistono oggi.
Anche in questo caso, ogni modalità di produzione del Cibo è condizionata dalla combinazione di fattori genetici, ambientali e culturali.
Che cos'è l'Agricoltura?
Esistono oggi, e sono esistite nella storia dell’Umanità, tante teorie e tante pratiche agricole, tutte volte alla produzione del cibo.
Ma non tutte ugualmente efficaci, efficienti, sostenibili sul lungo periodo.
Quando tali teorie e pratiche hanno come output cibo buono e pratiche agricole sostenibili (non inquinanti, non esaurenti le risorse primarie cioè acqua, terra fertile, aria), allora agricoltura è ok, cioè in grado di sostenere la salute degli esseri che se ne nutrono e del Pianeta.
Di presidiare un equilibrio situato relativamente autonomo e resiliente.
Ma quando tali teorie e pratiche producono un’Agricoltura = produzione di cibo scadente e inquinato, con progressivo impoverimento della fertilità del suolo, progressivo esaurimento e inquinamento delle falde acquifere, progressivo accumulo di inquinanti nel suolo, progressiva disgregazione sociale e culturale, sfruttamento e sconvolgimento di equilibri in altri Paesi, con conseguenti crisi civili e belliche e depauperamento culturale, progressivo inquinamento dell’aria, progressivo sconvolgimento della biodiversità e iniquità delle ricadute economiche….bhè, allora è evidente che il sistema non può reggere.
Non ci vuole molto per comprenderlo, non credete?
Il punto è che siam tutti cresciuti a guazzetto in quest’ultimo modello di agricoltura; è stato lui a nutrirci fin’ora, ed è assai dura osservarlo così lucidamente e criticamente.
Agricoltura convenzionale contemporanea
Per esempio:
1) elevati costi indiretti e risultati discutibili, non tanto in termini di quantità, quanto di qualità, dei cibi e delle pratiche di produzione/commercializzazione degli stessi
2) crisi economica del comparto: cambiamenti climatici, crisi economiche varie, crisi internazionali che hanno compromesso gli equilibri import/export
3) crescenti fenomeni di frode su larga scala
4) desertificazione e perdita di fertilità di masse sempre più consistenti di suolo, sia a livello planetario che italiano
5) Impoverimento e inquinamento progressivo delle risorse primarie (aria, terra, acqua)
6) standardizzazione dei Cibi e abbattimento della biodiversità, sia naturale che dei cibi stessi
7) incremento di malattie legate al Cibo
La messa in discussione delle principali teorie e pratiche su cui si fonda questo modello di agricoltura è inevitabile.
I nostri attuali sistemi di APPROVVIGIONAMENTO DEL CIBO devono essere radicalmente ripensati.
Gli scopi dell’Agricoltura
Qual è, o quali sono, o possono essere, gli scopi e le funzioni dell’Agricoltura?
Uno scopo dell’Agricoltura è certamente produrre cibo, ma in modo prima di tutto che non comprometta la vivificità dei luoghi e delle risorse primarie.
Altrimenti, come stiamo vedendo, non dura: esaurito un territorio si và alla conquista di un altro (landgrabbing) e si incrementa l’uso di sostanze variamente velenifere nel tragico intento di compensare la perdita di vivificità naturale del Suolo e delle Creature.
“Ma dobbiamo mangiare tutti, come facciamo?”
Presto detto:
- mangiamo meno
- mangiamo meglio
- riduciamo gli sprechi: alla fonte, in trasformazione, al consumo
- utilizziamo tutto, e facciamo meno rifiuti
- facciamoci carico di produrre ognuno qualcosa, foss’anche solo il basilico alla finestra e un paio di marmellate
- sosteniamo lo sviluppo di un grande piano di piccoli centri produttivi (valorizzazione anche logistica dell’agricoltura familiare, diffusa e locale; promozione urban farmings; cessazione del consumo di suolo, eccetera)
Vi immaginate se ogni scuola, ogni ospedale, ogni parco pubblico, ogni giardino, ogni balcone, ogni proprietà pubblica inutilizzata, fosse in grado di generare energia e Cibo?
Certo, questo renderebbe obbligatorio occuparsi del problema dell’inquinamento urbano. Ma perbaccolina, anche questo, non sarebbe a vantaggio di tutti? Città più pulite, con aria e terra più sane, sarebbero solo una manna!
E come si fa ad abbattere l’inquinamento urbano?
Prendendo per buono il dato che la maggior parte dell’inquinamento urbano è generato dagli autoveicoli, otterrà buoni risultati promuovere un sistema di trasporto alternativo a quello esistente, ricreando la rete del trasporto pubblico efficiente, facilitando l’utilizzo della bicicletta e di veicoli a basso impatto ambientale, ed anche chiudendo intere zone al traffico.
Anche qual’ora taluni suoli risultassero non immediatamente adatti alla coltivazione a scopo alimentare, iniziando subito con pratiche di bonifica organica, nel giro di qualche anno potremmo essere in grado di attivare coltivazioni eduli.
La produzione di Cibo non è l’unica funzione dell’agricoltura
- luoghi di ospitalità e turismo
- luoghi di ricreazione
- luoghi di educazione, didattica e formazione
- luoghi di riabilitazione e terapia
- comunità
- luoghi di promozione sociale
- luoghi di vendita e commercio
- luoghi di promozione del territorio
- luoghi di tutela della biodiversità e/o dei mestieri tradizionali
- luoghi di presidio paesaggistico e naturalistico
- luoghi di diffusione di pratiche di autosufficienza e autoproduzione
- luoghi di supporto ai servizi di prossimità
- luoghi di tutela della Natura (gli ultimi rapporti LIPU e WWF evidenziano la necessità di sconfinare dalla politica dei “Parchi Naturali” per tutelare le risorse primarie, la biodiversità e la Natura, individuando nelle aree rurali gli ambiti cruciali di supporto quanto di ostacolo ad una efficace politica della sostenibilità ambientale, auspicando un loro coinvolgimento progressivo)
- servizi secondari alla collettività insiti nei propri ecosistemi (ad esempio le api che impollinano e i boschi che garantiscono tenuta alla terra e qualità dell’aria; intercalari incolti che fungono da corridoi ecologici e incubatori di biodiversità naturale, eccetera)
- …
Alcune di più, alcune di meno. In generale, nell’ottica del “grande piano di piccoli centri produttivi”, quanto più queste realtà sono residuali e svantaggiate, tanto più possono costituire un moltiplicatore della rete. In più, competenze e strumenti possono uscire dalla realtà agricola ed essere utilizzate altrove, al servizio di attività pubbliche e private.
In generale, la sollecitazione alla generazione di tanti più o meno piccoli centri di produzione di Cibo e Servizi diffusi sul territorio, costituisce in sé un fattore di resilienza socio-economica, di promozione del territorio, di tutela della biodiversità e di facilitazione alla sovranità alimentare.
Un’Amministrazione illuminata potrebbe cogliere questi spunti e iniziare subito un percorso di valorizzazione e tutela delle proprie risorse rurali, e/o delle opportunità di sviluppo urbano in questa direzione.
Modi e forme potranno variare in funzione delle esigenze e caratteristiche specifiche del sistema in questione.
Il Ruolo dei Consorzi Agrari e delle Associazioni di Categoria
La mia opinione è che ormai anche loro siano offuscati dalle logiche macroeconomiche e dalla loro necessità di sopravvivenza, per occuparsi davvero e capillarmente di un orizzonte condivisibile relativo all’agricoltura di domani, tanto meno di agricoltura familiare e agricoltura contadina.
I gruppi di pressione sono molti e alla fine negli uffici vien gestito a mal la pena l’ordinario; nelle alte sfere ogni tanto c’è un guizzo di genio, ma finisce per essere asservito alle logiche di potere dell’agroindustria e/o dei gruppi di coltivatori convenzionali.
Tanto peggio per i consorzi agrari: non esistono consorzi adeguatamente preparati e organizzati per gestire le richieste di informazione che esulino dai prodotti convenzionali abbondantemente sospinti dal mercato.
Dal mio punto di vista, invece, potrebbero fungere da snodi informativi in grado di sollecitare la progressiva sperimentazione e adozione di pratiche agricole sempre più sostenibili e integrate.
E se avessero le energie per interloquire con il pubblico dei soci coltivatori, con quello dei coltivatori non (ancora) soci, con quello degli acquirenti acquisiti e potenziali, e con quello delle istituzioni.
Il sistema delle certiicazioni è fallace; le associazioni di cultura agricola (biologica e biodinamica, o di settore), stentano.
Il bollino è un bollino, un pezzo di carta, e un pezzo di carta che se ne porta dietro altri, più una frana di quattrini. Non è la realtà. La realtà, se esiste, sono io, e sei tu che leggi.
La realtà sono i campi che si impoveriscono ogni anno di più o diventano più fertili. La realtà sono i boschi, in cui un albero adulto produce ogni anno l’ossigeno necessario a due esseri umani. La realtà è l’acqua.
La realtà è che se sei specializzato e ti perdi il raccolto, sei più disponibile alla frode. La realtà è che oggi è più difficile essere piccoli (economicamente, produttivamente) e multifunzionali che grossi e specializzati. La realtà è che la gente queste cose non le sa.
E che è inutile investire stramiliardi nelle grandi opere mentre muoiono centri storici e aree rurali, perché questo significa l’assassinio delle comunità locali a vantaggio degli interessi della macroeconomia che vuole le comunità solo al proprio servizio, come proprio indotto.
Il cammino in direzione ostinata e contraria
Al di là dei siti e delle iniziative di aggregazione organizzata, sempre più numerose sono le iniziative dal basso: persone qualsiasi che si organizzano per fare cose insieme, scambiarsi conoscenze ed esperienze, servizi e prodotti. Sull'onda di una coscienza crescente di reciprocità e sostenibilità.
Tessere le fila di tale compagine non è opera facile, ma iniziando dal piccolo e dal basso, molte azioni importanti si possono compiere. Ecco ad esempio un'iniziativa in via di realizzazione a Pietrasanta, ad opera della Rete per un Luogo Comune: Un bosco commestibile pubblico!
E poi, sempre più realtà agricole che si convertono a pratiche e sistemi più ecologici e sostenibili, multifunzionali e biodiversi. Sono soprattutto piccoli coltivatori, alla ricerca di stili di vita sostenibili. Coltivano varietà antiche, riscoprono arti rurali dimenticate, sperimentano strategie di coltivazione e allevamento integrate a basso impatto ambientale.
Non sono industrie: sono contadini e contadine diversamente agricoli, alla ricerca di una riconnessione con l'esistente e la natura. Non hanno bisogno di OGM nè di macchinari ad alta precisione nè di concimi chimici.
Così, si restituisce identità e spessore alle comunità locali, garantendo, come ho sopra scritto, tanti più o meno piccoli centri di produzione di Cibo e Servizi diffusi sul territorio e interrelati, nodi di resilienza socio-economica, di tutela della biodiversità e di facilitazione alla sovranità alimentare.
Mi auguro che sia possibile un giorno costruirne una rete e una mappa, almeno in Toscana, affinchè chi lo desidera possa sostenere questo tipo di realtà.