Talvolta ce ne sono così tante da vedere i rami degli alberi rompersi, con cumuli di frutti ai loro piedi. La ghianda, tra l'altro, dal punto di vista estetico è bellissima; la sua forma irregolarmente ellittica ed il "cappuccio" ben marcato la rendono diversa da tutti gli altri frutti. Ammetto, ho provato varie volte ad assaggiarla, ma il risultato è sempre stato un sapore estremamente sgradevole in bocca; quelle di leccio le ho sempre trovate amarissime, quelle di querce un po meno, ma sempre immangiabili erano.
Dai racconti di mia nonna avevo saputo che, con le ghiande tostate, in periodo di guerra, veniva fatto una sortà di caffe, ma non ho mai parlato con nessuno che lo abbia assaggiato.
Mi si è ripresentato davanti il mangiar ghiande al Peabody Museum di Harvard, nella meravigliosa parte che analizza le varie tribù dei nativi americani. A quanto risulta da reperti archeologici, le ghiande erano un cibo tradizionale di molte tribù, ma in particolar modo dei nativi che vivevano in California. Data la loro facile conservabilità, le ghiande erano il vero e proprio cibo di scorta dei nativi, che le conservavano in grandi quantità. Le donne si occupavano di far disidratare le ghiande al sole in modo da impedir loro la germinazione e successivamente venivano stoccate al riparo dai topi in caverne o in trochi d'albero. Questo permetteva ai nativi di avere risorse di cibo pronte nei mesi più difficili dell'inverno americano. Nei momenti di bisogno le ghiande venivano sbucciate, macinate e consumate.
Ma anche in Italia si mangiavano le ghiande, per esempio, in passato ci veniva fatto il pane:
Plinio il Vecchio, nel I secolo d.C., riferisce come in Sardegna si consumasse un pane di sapore asprigno. Anche nel XVIII e XIX secolo gli scrittori descrissero il pane di ghainde come qualcosa di detestabile, immangiabile, non saporito. Il tipo di ghiande impiegate era un frutto particolarmente dolce che cresce sui calcari di Ginnirco. Dopo aver tolto la buccia, le ghiande venivano bollite in una caldaia di rame con argilla e della cenere per togliene l'acido tannico. In questo modo si ottenevano ghiande commestibili. Il brodo nero rimasto nella caldaia insieme alle ghiande sciolte continuava a bollire, fino quasi a disidratarsi, successivamente veniva versato sopra grandi pezzi di sughero. Con un coltello si tracciavano le forme, che raffreddate ed asciutte diventavano il pane.
C'è chi parlando di "cucina selvatica" con le ghiande ci fa il patè:
Patè di ghiande
Sbucciare le ghiande. L'operazione può essere facilitata facendole arrostire in forno o in padella. Però se sono mature (non verdi) un altro metodo consiste nello sbattere le ghiande intere in due volumi d'acqua per mezzo di un mixer elettrico che libera la mandorla dalla scorza e permette a quest'ultima di galleggiare in superficie ed alle mandorle spezzate di andare a fondo.
Spezzare più o meno finemente le ghiande sbucciate e metterle a cuocere in un grande volume d'acqua. Togliere le pelli che galleggiano e far cuocere fintanto che l'acqua diviene bruna. Scolare l'acqua e assaggiare una ghianda: se è amara o astringente ripetere l'operazione fintanto che il gusto non sia né amaro o astringente e l'acqua chiara. Per ottenere prima tale effetto è consigliabile cuocere le ghiande spezzate finemente. Per togliere l'acqua, servirsi di un setaccio che tratterrà anche la parte più fine. Allorché ogni traccia di amaro e di astringente è scomparsa, filtrare e mescolare con del lievito alimentare, olio d'oliva, sale, aglio, cipolla, olive spezzettate, farina e, eventualmente uno o due uova. Versare questa miscela spessa in una teglia ben oliata e far cuocere a fuoco medio per una buona mezzora. Lasciar raffreddare prima di servire perché questo paté è più saporito freddo che caldo ed il suo gusto migliora ancora dopo qualche giorno.
La pasta, dopo eliminato il tannino può essere aromatizzata in differenti modi. Le bacche di ginepro sono molto indicate.
In Corea, invece, ancora oggi, con l'amido della ghianda viene prodotta una sorta di budino che si chiama Dotorimuk, e che viene servito a fette con carote, scalogno, aglio, salsa di soia, olio di sesamo, peperoncini piccanti e semi di sesamo. Devo dire che la ricetta è molto interessante ed anche molto salutare.
Dal punto di vista nutrizionale 100g di ghiande secche hanno queste caratteristiche nutrizionali:
• Kcal 509
• Carboidrati 53,7 g
• Grassi 31g di cui 19,9 monoinsaturi, 6,1 polinsaturi, 4,1 saturi
• Proteine 8,1 g
• Tiamina 0,1 mg o Vitamina B1
• Riboflavina o Vitamina B2 0,2 mg
• Niacina o Vitamina PP o vitamina B3 2,4 mg
• Vitamina B6 0,7 mg
• Acido folico o Vitamina B9 115 mcg
• Acido pantotenico o Vitamina B5 0,9 mg
• Calcio 54 mg
• Ferro 1 mg
• Magnesio 82 mg
• Fosforo 103 mg
• Potassio 709 mg
• Zinco 0,7 mg
• Rame 0,8 mg
• Manganese 1,4 mg
Dopo averla analizzata dal punto di vista nutrizionale capisco perchè i cinghiali ne vanno matti, ed inoltre perchè, una nutrizione a base di ghiande li faccia crescere e vivere sani e forti. La ghianda, è estremamente energetica, (ha molti carboidrati e grassi), in essa si trovano vitamine del gruppo B, una sorta di ricostituente naturale (in particolar modo vitamina B6 e B9), oltre a questo è molto ricca di un minerale importante come il potassio, tanto che potrebbe essere annoverata fra le 10 fonti più importanti. Fra i microelementi spiccano il rame ed il manganese , essenziali per la vita, e sempre più rari nei raffinati (intendo la farina) alimenti quotidiani.
L'inconveniente della ghianda sono i tannini, che hanno proprietà astringenti e se presenti in elevate concentrazioni, possono peggiorare la digestione delle proteine, e l'assimilazione di alcune vitamine. C'è solo un metodo per ridurre la concentrazione di tannini: l'acqua. Con l'ammollo, il risciacquo, lo stazionamento in acqua corrente e/o la bollitura. Gli indiani, per esempio, usavano far stare le ghiande frantumate per vari giorni in acqua corrente (di fiumi e ruscelli), e poi, prima di consumarle le bollivano.
Che dire di più? Qualcuno di voi ha altre informazioni sul mangiar ghiande?
Io per ora ho sempre mangiato chi mangia le ghiande, come il cinghiale, il colombaccio, la ghiandaia e pensandoci bene una linea di sapore in comune ce l'anno. La carne di questi animali oltre ad essere estremamente tenace ha un sapore profondamente robusto, direi di bosco. Non mi sembra di essere l'unico blogger che apprezza il cinghiale, ma c'è qualcuno per caso che ha assaggiato veramente le ghiande?
Comunque non vi preoccupate, non sto pensando ad una nuova dieta a base esclusivamente di cibo selvaggio o a qualche atto di ecologia alimentare. Mi sto solo informado bene su quello che è possibile mangiare, ma, allo stesso momento, facilmente reperibile. Con i tempi che corrono... non si sa mai!
Le ghiande essiccate o la farina estratta hanno un alto valore energetico (circa 450 kcal per 100g), contengono proteine (6-8%), grassi (prevalentemente insaturi, 25-35%) e carboidrati (50-60%), sono ricche di calcio, fosforo e potassio, oltre che di di niacina (vitamina PP): quest' ultimo fatto ne nobilitava l'aggiunta alle farine di altri cereali (generalmente povere in questa vitamina).
Le ghiande (a seconda delle specie) contengono importanti quantità di tannini, e questo componente ne è croce e delizia per l'uso culinario e per la sicurezza alimentare. Molte delle sostanze polifenoliche (tannini) contenute nelle ghiande sono infatti piuttosto amare (ecco spiegato l'uso come succedaneo del caffè), un carattere che diminuisce con una lunga decozione, passaggio fondamentale per la preparazione della farina ad uso umano, o che viene parzialmente lenito dalla arrostitura. Ma alte concentrazioni di sostanze fenoliche interferiscono con l'assorbimento e l'utilizzazione delle proteine, ed alcune (gallotannini, quercitrina, e quercitina) sono moderatamente tossiche. Croce e delizia, si diceva: i polifenoli hanno attività antiossidante e dunque preventiva per alcune forme tumorali: ecco dunque le nostre ghiande rientrare nella dieta moderna, come ingrediente nutraceutico o preparato ad attività farmacologica!
Il caffè a base di ghiande tostate fa la sua comparsa nel diciottesimo secolo, come eredità dei primitivi decotti, quando si diffonde il consumo del vero caffè ma questo è un genere troppo costoso per le classi meno abbienti. Succedanei come la cicoria ed altre radici vengono largamente impiegati in sostituzione del più nobile prodotto e in queste miscele è sempre presente la farina tostata di ghiande, che impartisce il gusto amaro apprezzato dal consumatore. La fortuna di questi succedanei è altalenante e dipende dalle vicende dell'importazione del caffè da Africa e Sudamerica: in Italia, i succedanei ritornano popolarissimi nel periodo fascista (dopo le sanzioni nei confronti del nostro Paese) ed ancora nel primo dopoguerra. E naturalmente in questo caffè non c'è caffeina!
Ma veniamo alla tostatura delle ghiande: il processo di arrostitura genera le reazioni di Maillard e reazioni fra gruppi carbonilici (degli zuccheri) ed aminici (della componente proteica), oltre che frammentazione degli zuccheri e una parziale caramellizzazione. La reazione è complessa, ma del tutto simile a quella che si produce nei grani di caffè, e porta fra l'altro alla formazione di composti melanoidi, di colore scuro. La maggior parte dei composti tossici viene inattivata ed anche la componente fortemente amara ascrivibile ai tannini è parzialmente eliminata dal trattamento. Il metodo di tostatura dipende dalla varietà delle ghiande e può prevedere una temperatura da 90 a 350°C, per tempi che possono andare da 5 minuti (alla temperatura superiore) a 10 ore. La condizione ideale è l'impiego di una temperatura di 200°C per 1 ora. Un tempo, questo trattamento era effettuato con un artefatto metallico di forma cilindrica e forato, appoggiato sul camino e fatto girare a mano con una manovella. Le ghiande arrostite devono essere raffreddate e sbriciolate, prima di essere impiegate per l'estrazione e la preparazione del vero (?) caffè.
Per le varietà più amare, il procedimento può prevedere una tostatura iniziale delle ghiande intere, quindi lo sbriciolamento e la successiva decozione delle ghiande sbriciolate inserite in un sacchetto di stoffa (questo trattamento serve a ridurre ulteriormente il contenuto in tannini), quindi un successivo essiccamento ed una nuova tostatura della poltiglia ottenuta.
Per la preparazione del caffè sarebbe meglio tostare a parte del grano o dell'orzo e miscelare in rapporto 1:1 ghiande sbriciolate e macinate con il cereale, quindi bollire per 2-3 minuti 1/2 tazza (circa 100 g) della miscela con due tazze (1/2 litro di acqua), filtrare e servire. In Lituania è riportata una forma di preparazione che prevede l'iniziale decozione delle ghiande per meno di 1 ora in latte, onde ammorbidirle. La successiva tostatura è effettuata in padella sul fuoco, fino a completo essiccamento e ottenimento di un colore aranciato: le ghiande sono successivamente macinate ed il composto è utilizzato per preparare una specie di caffelatte, per bollitura nelle proporzioni 3 cucchiai di ghiande sbriciolate, una tazza di acqua e 2 tazze di latte o di crema di latte dolcificata."
Mi sono poi imbattuto anche in questa ricetta:
PANE DI GHIANDA
Zona di produzione: Provincia di Pesaro Urbino: nell' Alto Urbinate
Materia Prima: farina di ghiande. Altri ingredienti: acqua, lievito naturale, sale.
Lavorazione: le ghiande venivano bollite in acqua per un'intera giornata. Poi si facevano asciugare bene e si portavano a sfarinare nel molino. Successivamente la farina veniva stacciata e la parte fine che si otteneva era utilizzata per la panificazione. Questa si impastava con il lievito, l'acqua e il sale. L'elaborato veniva fatto lievitare per molte ore, poi si confezionavano dei panetti a forma di pannocchia che venivano cotti nel forno a legna per circa un'ora. Quando erano disponibili l'uva passita essiccata in casa e un bicchierino di mistrà, venivano aggiunti all'impasto, ottenendo un pane più "gentile".
Note : alcuni studiosi affermano che la polenta (puls) originaria non era di frumento, ma di ghiande e ritengono che la schiacciata di ghiande cotta sulle pietre roventi fu la prima "polenta" e forse la prima preparazione culinaria dell'umanità. Non sorprende dunque se nei momenti di carestia l'uomo vi abbia fatto ricorso, non tanto perchè non avesse altra scelta, quanto invece perchè alimento già collaudato.
Insomma, gli spunti non mancano per guardare (e assaggiare) questo frutto con rinnovata attenzione. Esistono molte varietà di alberi che producono ghiande nell'areale mediterraneo, e di queste, come non pensare che alcuni esemplari possano produrre frutti con caratteristiche più facilmente gestibili dal punto di vista nutrizionale e culinario? La storia sembra suggerirci che l'idea potrebbe non essere così astrusa, ed anzi ci incoraggia ad approfondirla ancor meglio. Voi cosa ne pensate?